Ritratto dell’espatriato perdigiorno
Clima favorevole, basso costo della vita, socievolezza delle persone sono i fattori che rendono le campagne thailandesi mete preferite da molti stranieri. Accanto a tecnici, professionisti e imprenditori che sono venuti a creare valore in un’area del mondo in cui gli spazi di espansione dell’economia sono ancora tanti, ci sono tanti scappati di casa a vario titolo: da chi non ha mai lavorato in vita sua a chi in Italia ha combinato solo guai.
Generalmente le due comunità di espatriati non si amalgamano. Chi vive in Asia per lavorare non condivide lo stile di vita dei perdigiorno.
Trovare l’amore tra gli sgabelli di un bar
L’elemento che li accomuna è la ricerca del fantomatico “lavoretto”, la chiave per restare, la giustificazione psicologica alla loro voglia di far niente. Per loro tutto è facile, non sanno nemmeno che in Thailandia taluni mestieri sono vietati agli stranieri. Molti decidono di aprire un bar, pur senza sapere come si prepara il più stronzo dei cocktail. Gli hanno detto che intestando tutto a una thailandese è tutto semplice e bastano pochi soldi. E così il novello imprenditore consegna la sua vita nelle mani della sanguisuga che, con la collaborazione di amici e parenti, lo spolperà vivo senza lasciargli nemmeno gli occhi per piangere.
Una storia che si ripete

Il mio primo impatto con il sud-est asiatico risale al 2010, e fu devastante.
Due anni dopo ci tornai per un lungo viaggio a cavallo di sei Paesi. Doveva essere solo un’esperienza rigenerante e invece finii per scavare dentro me stesso.
Quei sei mesi cambiarono la mia vita.